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Onde
Il Mare d'Inverno (130x250 cm)


"Non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere"
Henry David Thoreau


Soggetti

Colori
I colori, come i lineamenti,
seguono i cambiamenti delle emozioni.
(Pablo Picasso)

Fantasy
La logica vi porterà da A a B.
L’immaginazione vi porterà dappertutto.
(Albert Einstein)

Bianco & Nero
Il mondo è a colori,
ma la realtà è in bianco e nero
(Wim Wenders)

Foto & info

I Trabucchi

Sono tra i simboli che caratterizzano la città di Termoli.
Per osservarli in tutta la loro bellezza si può percorrere la Passeggiata dei trabucchi che dai piedi del Castello Svevo si snoda lungo tutta la cinta muraria del Borgo Antico fino ad arrivare al Porto.
I Trabucchi, chiamati trabucche in termolese, sono antiche e affascinanti macchine da pesca risalenti al XIX secolo. Era il 1850 quando Felice Marinucci, pescatore termolese, vide per la prima volta un trabucco mentre con la sua barca a vela si dirigeva verso Ancona.
Secondo il racconto, nel corso del viaggio, fu attratto da questo strano strumento, formato da una fitta palizzata conficcata tra gli scogli, sulla quale era appoggiata una solida piattaforma fatta di assi di legno.
Completavano la costruzione un argano, una piccola cabina e due massicce antenne che si allungavano sull’acqua per molti metri. Ad esse era legata una rete di forma rettangolare che, a intervalli più o meno regolari, veniva immersa in acqua e subito dopo ritirata. Felice Marinucci ne rimase subito affascinato e, dopo avere assunto sufficienti informazioni sulla sua efficacia, al ritorno da quel viaggio, decise di costruirne uno anche a Termoli, esattamente a Marina di San Pietro, resistito fino ad oggi.
Nacque così il primo trabucco di Termoli, al quale, nel 1950, un secolo dopo, ne seguirono circa una decina.
La Basilica Minore dell'Addolorata di Castelpetroso (IS)

Progettata in stile neogotico da Francesco Gualandi di Bologna è un inno a Maria e al Molise. Interamente scolpito in pietra locale, la prima pietra viene posata il 22 settembre 1890 e la consacrazione avviene il 21 settembre del 1975. una gestazione lunga e difficile!
Il Santuario sorge a pochi metri dall'antico tratturo percorso da pastori e pellegrini incastonato tra il verde dei boschi. Salendo fino alla cappella delle apparizioni si nota il significato progettuale, teso ad esaltare la sofferenza “offerente” di Maria.
La pianta del tempio simboleggia un cuore trafitto da sette spade. Colpisce il visitatore il percorso che conduce al Santuario. Lungo il viale, in un cammino di riflessione due suggestivi angeli, Michele e Gabriele, sono posti al limite del parcheggio e ricordano l'attegiamento in cui deve porsi il pellegrino.
Una gigantesca pietra richiama al paganesimo e al senso del sacrificio incarnatosi poi in Cristo, per portare a compimento la rivelazione. In alto spiccano tra croci, a significare la salvezza che passa attraverso la sofferenza, annunciata con le parole di Paolo all'Aeropago, che si leggono in una stele.
Incontriamo poi, sul piazzale antistante, un altare, di 80 quintali in cui Giovanni Paolo II in visita al Santuario celebrò l'eucarestia il 19 marzo 1995 e dietro un bronzo raffigurante l'Assunta, dono del 50° anniversario di Sacerdozio di Mons. Ettore Di Filippo,
Il Tempio di San Francesco a Gaeta (LT)

Luca Wadding, teologo e storico francescano, scrisse: “Valde locum hunc dilexit Franciscus” ( Francesco amò molto questo luogo). Era l’anno 1222 quando San Francesco d’Assisi dimorò a Gaeta e il tempio a lui dedicato ne è la più grande testimonianza.
La costruzione del tempio fu fortemente voluta dal Re Carlo II D’Angiò – molto legato ai francescani – e fu terminata intorno al XIV secolo.
La chiesa gotica era composta da una grande navata centrale con sei campate caratterizzate da volte estradossate e da due navate laterali e fu abbellita nel corso dei secoli da numerose opere d’arte di importanti artisti tra i quali si annoverano Girolamo Imparato, Francesco Solimena, senza dimenticare l’affresco quattrocentesco (staccato dall’annesso convento) raffigurante la Pietà ed attribuito al pittore Giovanni da Gaeta, oggi tutte custodite presso il Museo Diocesano di Gaeta.
Con l’invasione francese e la conseguente soppressione degli ordini religiosi nel 1809, la chiesa fu progressivamente abbandonata, tanto che il pontefice Pio IX, durante l’esilio a Gaeta, esortò il re borbonico Ferdinando II a restaurare il complesso in stile neogotico su disegno dell’architetto militare Giacomo Guarinelli.
L’arrivo alla chiesa è caratterizzato da una scalinata monumentale che presenta al centro la statua della “Religione”.
La facciata è caratterizzata dalle statue di Carlo II D’Angiò e Ferdinando II ai lati del portale con al di sotto epigrafi in latino descriventi l’impegno dei sovrani nel costruire e restaurare il complesso; nel timpano l’”Allegoria della restaurazione del papato” e sulla cornice da sinistra a destra le statue di: San Bernardo, Sant’Ambrogio, San Francesco, Sant’Agostino e San Tommaso D’Aquino.
L’interno presenta tre navate di cui quella centrale è arricchita da statue in gesso dei Santi Apostoli sui pilastri, che culminano con quella in marmo del Redentore nell’abside, che presenta in alto un rosone circolare con vetro policromo ed in basso l’altare maggiore in stucco decorato in stile neogotico.
Le navate laterali sono composte da una campata in meno e terminano con degli altari in marmi policromi.
In controfacciata, al di sotto del rosone, è presente il dipinto ottocentesco raffigurante San Francesco che mostra le stimmate (Giuseppe Sabbione).

Il Battistero di Parma

Il battistero fu commissionato a Benedetto Antelami, che ne iniziò la decorazione nel 1196, come attesta un'iscrizione in esametri leonini sull'architrave del portale nord: Bis binis demptis de Mille Ducentis/incepit dictus opus hoc Benedictus (Tolti due volte due anni da Milleduecento, cominciò quest'opera (l'uomo) detto Benedetto).
La datazione dell'opera conclusa è piuttosto complessa e solo recentemente è stata suffragata da alcuni documenti. Nel 1216 l'alzato giungeva solo al secondo ordine delle logge, dove era stata collocata una copertura piana provvisoria. Il prezioso marmo rosso di Verona cessò di arrivare a Parma per i contrasti politici con il ghibellino Ezzelino da Romano, signore di Verona, e solo nel 1249 fu possibile rimettere mano alla costruzione dei registri superiori del battistero.
La conclusione avvenne entro il 1270, quando l'edificio venne solennemente consacrato. Pare che comunque il progetto dell'Antelami venne seguito fino alla conclusione.
L'esterno , costruito in marmo rosa di Verona, è ottagonale. L'ottagono è simbolo di eternità. Senza precedenti è lo sviluppo in altezza, come se si trattasse di una torre tronca. La superficie esterna è decorata da un complesso schema, con pieni e vuoti che ritmano effetti chiaroscurali.
Al pian terreno su tre facciate si aprono portali strombati con archi a tutto sesto, mentre sugli altri lati si trovano degli archi ciechi, grandi quanto un portale, con al centro delle colonnine, in una collocazione insolita. I portali sono decorati da vari rilievi, tra i quali spiccano le lunette probabilmente di mano dell'Antelami stesso.
Al livello inferiore del paramento marmoreo troviamo lo Zooforo, una serie di settantacinque formelle scolpite a bassorilievo dall'Antelami e dalla sua bottega ed incastonate a mo' di fregio pressoché continuo.
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